Più tardi Gigli nel Vocabolario cateriniano ricorderà i conflitti della generazione precedente paragonandola a "uccelli di gabbia; o vogliam dire cani messi alla catena", i quali "talora dimenarono la coda al linguaggio Fiorentino nuovo padrone, talora si posero ad abbajargli".
All'attardata polemica del Gigli contro la "Compagnia infarinata" fa da contrappunto la pacata erudizione degli scritti linguistici di Uberto Benvoglienti: il classicismo toscanista del Dialogo della volgar lingua, mentre ricollega gli epigoni della Scuola alle discussioni di primo Cinquecento, disancora le riflessioni senesi dall'angusta prospettiva municipale e le rilancia, anche attraverso i contatti dell'autore con intellettuali del calibro del Muratori e del Fontanini, sul più aperto orizzonte del dibattito settecentesco sulla lingua nazionale.